Psicologia ed Odontoiatria (Odontofobia e non solo)


Negli ultimi anni, in diversi campi medici, tra i quali quello odontoiatrico, si è sviluppata una visione più ampia rispetto alla cura della persona: l’attenzione è rivolta non solamente alla risoluzione dei sintomi ed dalla conclusione del trattamento bensì verso un livello maggiore di benessere. L’obiettivo di tale visione è permettere un’esperienza personalizzata che possa offrire, sia alle persone che si recano dal dentista senza alcun timore sia a quelle che esprimono alcune difficoltà o paure, la possibilità di vivere il tempo necessario all’appuntamento il più serenamente possibile.

La collaborazione tra psicologia ed odontoiatria, già fortemente consolidata in nazioni come Stati Uniti, Olanda e Svizzera, può essere declinata in diversi settori come quello che si occupa delle caratteristiche ambientali degli studi, delle dinamiche comunicative tra il medico, lo staff e la persona o quello incentrato maggiormente sulle caratteristiche applicative.  La componente psicologica, infatti, può rivestire una grossa importanza rispetto ad alcune problematiche odontoiatriche, come possono essere i disturbi psicosomatici, il bruxismo, l’utilizzo di protesi, gli esiti di una chirurgia maxillo-facciale, la sopportazione del dolore o l’elevato riflesso al vomito. Inoltre, con lo psicologo, la persona può gestire in maniera più precisa aspetti della quotidianità che la mettono in difficoltà, indipendenti dal rapporto con il dentista, ma che emergono proprio nell’intimità del rapporto che si può creare durante i trattamenti.

Tuttavia, la più frequente difficoltà psicologica sulla quale si sta approfondendo tale collaborazione, è la paura del trattamento odontoiatrico, sulla quale ci soffermeremo in questo articolo.

Molte persone, non solo bambini, vivono sensazioni di paura quando devono recarsi dal dentista e non unicamente davanti interventi lunghi ed impegnativi, ma come copione narrativo appreso. In alcuni di questi casi, la paura si trasforma in fobia, diventando eccessiva, incontrollabile ed impedendo alla persona di risolvere il problema odontoiatrico anche per molti anni, andando incontro ad una seria compromissione della propria salute.

Quello che spaventa maggiormente è il trattamento che ci si anticipa di dover subire piuttosto che i sintomi in sè. Si possono costituire alcuni meccanismi mentali per i quali la persona prevede che le sensazioni che proverà, una volta che si sarà rivolta al dentista, saranno unicamente negative. Spesso il contenuto del pensiero è di tipo catastrofico, ad esempio il credere che l’anestetico possa non funzionare o peggio che si possano subire grosse ferite, rotture dei denti o che si possa soffocare. Alcuni meccanismi, non sempre consapevoli, possono essere quello di irrigidirsi e mantenere una tensione muscolare allo scopo di proteggersi da un imminente pericolo o focalizzare l’ attenzione sul proprio corpo e sull’ambiente circostante; tutte queste strategie di sopravvivenza portano il più delle volte, all’effetto contrario, ossia quello di aumentare la sensibilità al dolore e percepire un abbassamento del nostro controllo rispetto alla situazione paurosa.

Un’altra categoria di pensieri incontrollabili che spesso tengono in scacco la persona sono quelli rivolti al dentista stesso: da un lato interpretando alcuni gesti del suo stato psico-fisico come indicatori di stanchezza o nervosismo, dall’altro il giudizio che potrà maturare nei propri confronti in merito ad esempio all’ igiene dentaria ma anche alla possibilità che si accorga della paura di essere lì e di essere considerato un paziente difficile.

Naturalmente, il riconoscere come propri alcuni di questi pensieri non significa soffrire automaticamente di odontofobia, ma dipenderà molto dall’entità di tali pensieri e da quanto essi possano limitare la propria vita. L’odontofobia è stata accertata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità ed inserita nell’ International Classification of Disease (ICD-10) come disturbo fobico già nel 1996; in alcune persone infatti, è possibile un consolidamento di tali meccanismi mentali. Ciò può avvenire proprio attraverso delle tentate soluzioni personali che vengono messe in atto per sfuggire alla situazione paurosa, come ad esempio, quella di aumentare l’attenzione verso uno stimolo particolare o di rimandare l’appuntamento per la troppa paura. Tutto ciò può portare la persona a costruire un’organizzazione della propria realtà nella quale sia portata a selezionare, oltre che a crearne di nuovi, solamente i fatti negativi e coerenti con la personale teoria della realtà negativa che si attende.

Un breve approfondimento merita rivolgerlo a queste tentate soluzioni che mantengono e consolidano il problema nel tempo. Una prima soluzione che aiuta la persona a sfuggire alla paura, ma solo temporaneamente, è l’evitamento: in seguito ad alcuni episodi spiacevoli, reali o solamente relativi ad aspettative culturali, viene rinviato l’appuntamento o si evita di recarsi dal dentista; ciò permette di calare il livello d’ansia e ci si sente meglio. Questa sensazione però svanisce quando si avvicina il nuovo appuntamento o emergono delle problematiche odontoiatriche e la paura viene vissuta come più incontrollabile di prima. Un altro tentativo che fa calare momentaneamente l’ ansia è quello di forzarsi nel togliere i pensieri negativi dalla mente, focalizzarsi sugli argomenti razionali ed ascoltare le rassicurazioni da senso comune; ciò, come detto, se da un lato porta sensazioni positive, allo stesso tempo giustifica il fatto che ci sia realmente qualcosa di cui preoccuparsi, altrimenti non ci sarebbe stato bisogno di tali consigli. Altro frequente “rimedio” alla paura è quello di farsi accompagnare da qualcuno; ciò non fa altro che confermare il pensiero relativo all’esistenza di un pericolo dal quale fuggire. Compaiono inoltre tutta una serie di tentativi di distrarsi e rilassarsi durante il trattamento che portano ad un’ attenzione focalizzata sugli aspetti negativi, ad un aumento della tensione stessa oltre alla frustrazione di non sentire di impegnarsi abbastanza o di non averne le capacità. Poi possono essere presenti alcuni tentativi di controllare l’odontoiatria, cercando di dirigere i tempi del trattamento in base alle personali esigenze; ciò è utile per calare il livello d’ansia ma espone la persona al giudizio rispetto alle difficoltà che sta provando, trovandosi così incastrata in un circolo vizioso che può portare all’immobilità e al panico. Non ultima una tentata soluzione di tipo farmacologico.

Concludendo, è necessario considerare la descrizione delle caratteristiche di chi soffre di paura del trattamento odontoiatrico fatta in questo articolo, come una rappresentazione complessiva: nella stessa persona non saranno presenti tutti i meccanismi mentali o le tentate soluzioni, né i livelli di tensione saranno uguali tra persone diverse, ma ognuno opererà attraverso la personale costruzione del mondo. Proprio perché, anche concetti come ansia, paura e fobia possono posizionarsi lungo un continuum di intensità quantificabile ma anche simbolica, l’obiettivo della collaborazione tra psicologo e odontoiatra è quello di offrire a chi lo desidera, dei programmi di cura individualizzati in modo da tener conto del significato unico che per ogni persona rappresenta l’andare dal dentista.


(Articolo tratto dal dott. Marin Alberto Maria)

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