I sintomi cardiorespiratori dell’ansia: tra palpitazioni, dolore toracico e mancanza di respiro
Le palpitazioni sono spesso il sintomo che allarma di più la persona ansiosa, non è un caso che la persona in preda agli attacchi di ansia si rivolga a volte al proprio medico o al pronto soccorso.
Le palpitazioni assumono anche il nome di cardiopalmo, e indicano la percezione consapevole dei propri battiti cardiaci, spesso avvertiti sul precordio (parte del torace anteriore allo sterno), alla gola o al collo. Le palpitazioni possono dare l’impressione di un’anomalia a carico del cuore; spesso, però, questa manifestazione è transitoria.
La sensazione di fiato corto o mancanza di respiro è molto frequente nei disturbi d’ansia ed è dovuta alla protratta e ripetuta respirazione toracica (pettorale). Il corpo infatti risponde allo stress aumentando la respirazione toracica a discapito di quella addominale. Ciò porta però all’affaticamento dei muscoli intercostali che, sforzandosi, hanno spasmi e causano dolori pettorali che portano alla sensazione di mancanza di respiro.
Tali sintomi cardiorespiratori possono manifestarsi nei periodi di ansia più intensa. Possono avere anche altre cause riconducibili a disturbi gastrointestinali ad esempio. Quando però tali sintomi vengono interpretati catastroficamente, la persona ansiosa può provarli con maggiore intensità e avere una crisi di panico.
I sintomi gastrointestinali dell’ansia: tra nausea e disturbi addominali
Il nostro stomaco si contrae e si rilassa in modo regolare e costante. Quando questo ritmo, per una serie di motivi, è alterato, si presenta la nausea. Le alterazioni sono dovute a diversi fattori tra cui l’ingestione di alcuni cibi o disturbi a carico di alcuni organi.
Alimentazione e digestione sono le prime funzioni corporee a bloccarsi in uno stato di allerta. Può però capitare che la persona ansiosa interpreti la nausea come un segnale di vomito imminente, portando così a un aumento dell’ansia e al panico.
I disturbi vestibolari dell’ansia: tra vertigini e sensazione di svenimento
Le vertigini si possono descrivere come sensazioni di movimento rotatorio, oscillatorio o di sbandamento sperimentate mentre, in realtà, si è fermi. A volte può sembrare che sia l’ambiente intorno a noi a muoversi e oscillare.
Le vertigini si verificano nel momento in cui le informazioni provenienti dal sistema dell’equilibrio (sistema visivo, somatosensoriale e vestibolare) entrano in conflitto. Ciò può accadere spesso in situazioni stressogene. Tuttavia, prestare notevole attenzione a queste sensazioni di sbandamento (come di frequente accade nelle persone ansiose), può aumentare le vertigini stesse.
I sintomi psicosensoriali dell’ansia: tra derealizzazione o depersonalizzazione
Con il termine depersonalizzazione, nel DSM 5, si descrivono quelle esperienze di irrealtà, distacco, o sensazione di essere un osservatore esterno rispetto al proprio corpo o ai propri pensieri, sentimenti, sensazioni, azioni. Per derealizzazione invece, si intendono quelle esperienze di irrealtà o di distacco rispetto a un ambiente (ad esempio, persone o oggetti sono vissuti come irreali, onirici, senza vita o visivamente distorti).
Queste condizioni possono essere indotte da traumi psicologici, stanchezza, deprivazione di sonno, meditazione o l’uso di droghe o sostanze come l’alcol e le benzodiazepine.
Anche in questo caso, la derealizzazione e la depersonalizzazione possono aumentare quanto più ci si spaventa di starle vivendo: la paura porta a un aumento del respiro e dei livelli di ossigeno che, a loro volta, possono aumentare tali sensazioni di distacco dalla realtà.
La dimensione cognitiva dell’ansia e i pensieri ansiosi
La teoria cognitiva dei disturbi emozionali di Beck (1967, 1976) afferma che l’ansia è accompagnata a distorsioni del pensiero che si manifestano come un flusso di pensieri automatici negativi nell’esperienza cosciente del paziente, che corrispondono ad una preoccupazione relativa al concetto di pericolo e ad una sottovalutazione delle capacità individuali di farvi fronte (Beck, Emery e Greenberg, 1985).
Una volta attivata la valutazione di pericolo, si crea un circolo vizioso che rinforza gli attacchi di ansia. I sintomi dell’ansia possono a loro volta essere interpretati come segnali dell’effettiva esistenza di un pericolo e possono condizionare il comportamento dell’individuo, accrescendo il senso di vulnerabilità e rinforzano l’iniziale reazione ansiosa (Wells, 1999).
Una delle principali componenti dell’ansia è il rimuginio, una forma di pensiero ripetitivo di tipo verbale e astratto che, nel tempo, mantiene e aggrava l’ansia, tipico soprattutto dell’ansia generalizzata. I pensieri che lo costituiscono si focalizzano su contenuti catastrofici di eventi che potrebbero manifestarsi in futuro; rimuginare dà l’illusione di prevenire e controllare la situazione, ma allo stesso tempo questi pensieri sono vissuti come incontrollabili e intrusivi (Borkovec et al., 2004). Alla lunga, chi rimugina si percepisce debole, fragile, insicuro, spaventato e costantemente soggiogato dalla pericolosità del futuro, di conseguenza il rimuginio si cronicizza e diventa disfunzionale e maladattivo (Clark, & Beck, 2010).
Per saperne di più: https://www.stateofmind.it/tag/ansia/?msclkid=eebdcdc6a9bf11eca30eeae535035728
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