Tutti noi siamo un po’ dipendenti: le attenzioni dell’altra persona nei nostri confronti ci fanno piacere e ci soddisfano.
Nelle relazioni di coppia “sane”, la dipendenza è reciproca e bilanciata; ogni partner mantiene e desidera avere uno spazio di autonomia personale: ad esempio. in ambito lavorativo, sportivo o amicale. Questo spazio individuale, rafforza e migliora la vita a due, arricchendola e permettendo ai partner di coltivare anche altri legami di amicizia e familiari, evitando che la coppia si isoli dal mondo esterno.
Esistono tuttavia, delle relazioni “tossiche” nelle quali si sviluppa una forte dipendenza affettiva nei confronti dell’altro, innescando un comportamento dannoso per sé. La dipendenza affettiva, è una forma di amore ossessivo e simbiotico nei confronti di una persona, considerata come unica fonte di gratificazione, amore e cura. Si tratta di una modalità patologica di vivere la relazione, in cui la persona dipendente arriva a negare i propri bisogni ed a rinunciare al proprio spazio vitale, pur di non perdere il partner; la relazione di coppia, si trasforma in una vera e propria ossessione per l’altro, come fosse una droga senza la quale si pensa di non poter vivere. In questo caso, avremo un partner dipendente, pronto ad annullarsi per l’altro ed uno “narcisista”, concentrato esclusivamente su di sé e sui propri desideri. Nelle relazioni “tossiche” più gravi, accade che uno dei partner può approfittare dell’estremo bisogno di dipendenza dell’altro, fino ad arrivare ad un vero e proprio sfruttamento fisico ed emotivo o addirittura alla violenza. Purtroppo, spesso queste relazioni non sono affatto gratificanti ma al contrario, provocano insoddisfazione, tristezza e dolore, perché limitano il potere e la libertà di scelta della persona dipendente. Chi sono quelle persone che “rischiano” di cadere in una relazione “tossica”? Generalmente si tratta di coloro che temono la solitudine e cercano di evitarla a tutti i costi; queste persone, in passato hanno subìto un abbandono o un rifiuto da parte di figure significative e, piuttosto di rivivere quelle emozioni dolorose, sono disposte ad accettare qualsiasi umiliazione pur di mantenere il rapporto.
Ecco 5 indizi per riconoscere la “tossicità” di una relazione:
1) La persona dipende totalmente dall’altro per regolare la propria autostima e per contenere le proprie ansie. L’altro è indispensabile, l’unico che può stimolare emozioni forti, la sola unica ragione di vita, senza di lui/lei è impossibile vivere.
2) I momenti di separazione sono intollerabili: la distanza dal partner crea un disagio profondamente significativo che compromette l’equilibrio psichico.
3) L’incapacità di tollerare le separazioni dal partner, rende la persona dipendente vulnerabile ai ricatti: pur di evitare momenti di lontananza si rinuncia ai propri interessi, al lavoro, alle amicizie, perdendo la propria identità e gli affetti fino all’isolamento dal mondo esterno.
4) I dipendenti affettivi, spesso sono attratti da partner poco amorevoli, che rappresentano il loro opposto e trasmettono loro un falso senso di sicurezza. All’inizio del rapporto, i partner “narcisisti” promettono molto, ma poi di fatto non concedono nulla, anzi, nei casi più gravi umiliano e sottomettono la persona dipendente, senza donare affetto.
5) La persona dipendente, si trova a servire e venerare il partner nella speranza di ottenere amore e dei riconoscimenti che non arriveranno mai.
Ecco invece ora, alcuni consigli per uscire dalle relazioni “tossiche”:
1) Imparare a stare da soli; la solitudine può essere l’opportunità per conoscere meglio se stessi e non è solo una situazione negativa da cui fuggire.
2) Accettare il proprio passato per non riprodurlo; le persone dipendenti affettive, vogliono conquistare chi le rifiuta, nel tentativo di riscattare un passato di abbandoni. In questa maniera, il dipendente affettivo non fa altro che riprodurre la propria storia, circondandosi di persone incapaci di amarlo.
3) Liberarsi dai falsi miti dell’amore; amare non significa sacrificare e annullare se stessi per l’altro.
4) Quando ci si accorge di non farcela da soli, è bene chiedere aiuto ad un familiare e ad uno psicologo che possano aiutare la persona a riprendere il controllo della propria vita.
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