Gestire le emozioni non significa controllarle, reprimerle o mascherarle, soprattutto quando sono negative. Significa riconoscere le emozioni che stiamo provando e fare in modo che le azioni che ne conseguirebbero siano appropriate alla situazione. E’ appropriato provare paura di fronte a una tigre che ci assale e quindi fuggire, ma non è appropriato provare la stessa paura in un colloquio di lavoro e scappare. Gestire le emozioni significa non permettere ai nostri stati d’animo di guidare i nostri comportamenti. Come dice un saggio tibetano “la collera non sopprimetela, ma non agite sotto il suo impulso”.
Per quanto sia facile essere d’accordo con questa affermazione, nella pratica quotidiana è estremamente difficile impedire che le emozioni abbiano il sopravvento sui nostri comportamenti.
Un modello messo a punto da James Gross della Stanford University si basa sulla successione cronologica delle situazioni che possiamo vivere quotidianamente e indica differenti strategie di gestione per ciascuna delle cinque fasi di nascita di un’emozione.
Vediamo quali sono queste fasi e quale strategie possono essere usate per la loro gestione.
Selezione della situazione
Ogni giorno ci troviamo di fronte a situazioni che carichiamo di valenza emotiva. Dal suono della sveglia, che può essere vissuto con fastidio per l’interruzione di un meritato riposo o con l’entusiasmo per l’inizio di una giornata ricca di opportunità, alla partecipazione a una riunione di lavoro, che può essere vissuta come una seccante perdita di tempo o una motivante occasione di confronto.
In questa fase la prima strategia da applicare per gestire le nostre emozioni, ovviamente se possibile, è quella di selezionare le situazioni. Dobbiamo scegliere quelle situazioni che ci danno emozioni positive ed evitare quelle che ci danno emozioni negative. Posso evitare di mettere la sveglia? E’ necessario che partecipi alla riunione o posso declinare senza conseguenze? Posso delegare qualcuno al mio posto?
La seconda strategia che possiamo applicare in questa fase è la previsione emotiva, cioè quella capacità che ha il nostro cervello di immaginare prima una certa situazione facendoci vivere le emozioni che proveremo quando la situazione sarà reale. Come mi sentirò domani quando suonerà la sveglia? Con che stato d’animo andrò alla riunione? Immaginare e vivere le emozioni in anticipo ci permette di regolare la nostra risposta emotiva, avendo il tempo di equilibrare tra gli obiettivi a breve termine (dormire è meglio che alzarsi, finire il lavoro è meglio che perdere tempo in una riunione) e quelli a lungo termine (essere puntuali al lavoro è il modo migliore per non essere licenziati, partecipare alla riunione è il modo migliore per non subire le decisioni che altri prenderanno) e scegliere.
Modifica della situazione
Quando tuttavia non possiamo selezionare le situazioni (la sveglia devo puntarla, alla riunione devo partecipare), bisogna prendere l’iniziativa e modificare le situazioni.
La sveglia può essere programmata più tardi? Oppure può essere programmata prima per darmi quei dieci minuti necessari a un risveglio meno traumatico? Posso scegliere un suono meno disturbante?
Nel caso di situazioni più complesse, come appunto la partecipazione a una riunione, è necessario avere coraggio. Meglio sopportare qualche piccola seccatura o irritazione iniziale che averne di più grandi in seguito. L’esplicitazione dei nostri stati d’animo e delle nostre aspettative è la strategia di gestione da applicare in queste situazioni. “So che questa riunione è molto importante per tutti noi, ma ho anche del lavoro da finire, per cui devo trovare tre ore per completarlo. Se riusciamo a terminare la riunione alle dodici posso rimanere, altrimenti vi proporrei di sospendere per tre ore oppure di darmi la possibilità di assentarmi quando tratteremo temi in cui non serve la mia presenza”.
Spostamento dell’attenzione
Se tuttavia la riunione ci impegnerà per tutta la giornata e non c’è modo di assentarsi, le strategie da applicare per gestire le nostre emozioni consistono nell’orientare la nostra attenzione verso ciò che ci è più funzionale.
La consapevolezza emotiva ci permette di essere in costante ascolto dei nostri pensieri e delle nostre sensazioni corporee per capire i nostri stati d’animo (se non passiamo al punto successivo non finiremo per le dodici e io mi sto irritando). L’atteggiamento non giudicante con cui diamo un nome a ogni emozione che stiamo provando senza condannarci o sentirci in colpa se sono emozioni negative (è vero: mi sto innervosendo, ma non significa che sono una cattiva persona) L’osservazione riflessiva con cui ci guardiamo, come degli osservatori esterni, per vedere che messaggi stiamo dando agli altri con il nostro comportamento (probabilmente si vede che continuo a sfregarmi le mani; magari così innervosisco chi sta parlando). Fino alla mindfulness, che è un compendio di tutte queste strategie e serve a farci ritrovare serenità.
Cambio di prospettiva
Può però accadere che, durante la riunione, i comportamenti che ci aspettavamo, proprio quelli che ci fanno davvero perdere tempo, si concretizzino esattamente come avevamo immaginato. In questo caso, dopo quattro ore di riunione, anche il più grande esperto di mindfulness potrebbe lasciarsi andare alle emozioni più istintive. La strategia di gestione in questo caso si chiama ristrutturazione cognitiva.
E’ la capacità di orientare e suscitare pensieri diversi che cambino la percezione di una situazione e modifichino lo stato d’animo con cui viene vissuta (se intervengo a riassumere aiuto il gruppo a rimanere concentrato; può darsi che insistano su questo tema perché effettivamente sta causando loro un sacco di stress; adesso sto perdendo tempo, ma almeno risolveremo la questione una volta per tutte). La funzione di questa tecnica non è quella di cambiare la situazi
one, ma di cambiare le emozioni con cui la stiamo vivendo.
one, ma di cambiare le emozioni con cui la stiamo vivendo.
Modulazione della risposta emotiva
Cosa fare se la frustrazione resta? Se, nonostante le strategie viste prima, la riunione durerà ancora due ore e la nostra pazienza sta per finire? Sorridere e fare buon viso a cattiva sorte? Mettere il cervello in folle e iniziare a organizzare il lavoro che ci aspetta? Fare la voce grossa e urlare che è ora di finire?
Molto dipende dalla personalità e dal carattere. Sfogarsi può farci stare meglio, così come tenersi tutto dentro. In questi casi le tecniche di gestione servono soprattutto ad evitare un contagio emotivo negativo. Il nostro sfogo può essere liberatorio per noi, ma può avere effetti negativi sul clima della riunione. Il nostro silenzio può essere una strategia efficace, ma priva il gruppo del nostro contributo e poi si vede che siamo insoddisfatti.
Per modulare la propria risposta emotiva, cioè i comportamenti da attuare, può essere utile ricorrere a tecniche di visualizzazione. Una di queste è l’esperienza vicaria. “Cosa farebbe in questa situazione quella persona che io stimo e ammiro tanto? ”Un’altra è il precedente di successo. “La volta scorsa,
in una situazione simile, mi sono comportato così e ha funzionato”. Oppure possiamo fare ricorso all’immaginazione delle conseguenze. “Se adesso mi alzassi e me ne andassi dalla riunione senza nemmeno salutare che cosa succederebbe”? La visualizzazione magari non porterà a modificare il nostro comportamento, ma almeno ci avrà dato il tempo di non attuarlo istintivamente o di farlo consapevolmente.
in una situazione simile, mi sono comportato così e ha funzionato”. Oppure possiamo fare ricorso all’immaginazione delle conseguenze. “Se adesso mi alzassi e me ne andassi dalla riunione senza nemmeno salutare che cosa succederebbe”? La visualizzazione magari non porterà a modificare il nostro comportamento, ma almeno ci avrà dato il tempo di non attuarlo istintivamente o di farlo consapevolmente.
Quando infine avremo trovato lo stato d’animo adatto al contesto e ai nostri obiettivi potremo intervenire usando la tecnica del “quando tu – io mi sento – perché – e mi aiuterebbe se”. “Quando mi rendo conto che è da due ore che discutiamo dello stesso punto senza arrivare a una conclusione, io mi sento frustrato perché non riusciamo a trovare la soluzione e mi sale l’agitazione perché ho del lavoro da finire. Mi aiuterebbe se decidessimo insieme a che ora terminare questa riunione o se potessimo rimandare questa specifica discussione ad un altro momento”.
Queste strategie possono rendersi necessarie esattamente nell’ordine che abbiamo immaginato o potrebbero tornarci utili in momenti diversi o intrecciarsi tra loro.
In ogni caso non fa male avere un arsenale di possibili strategie per poter scegliere in maniera consapevole i nostri comportamenti e a porre maggiore attenzione alle diverse situazioni della nostra vita.
(fonte www.choralia.com)
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