Di solito consideriamo l’amore un’espressione della parte migliore di noi, dei nostri sentimenti più teneri, dolci e amorevoli. Per questo spesso ci stupiamo quando l’amore si trasforma improvvisamente nel suo opposto – l’odio. L’amore, come la politica, stabilisce strane alleanze. Gli alleati dell’amore non sono sempre nobili, né ispirano sempre sentimenti come la devozione o l’ammirazione, ma spesso sono espressioni del peggio di noi, del lato più oscuro dell’esperienza umana: l’invidia, la gelosia, l’odio e una profonda malvagità. Ci hanno insegnato che l’infatuazione romantica è più utile quando è modulata in un sentimento meno intenso e più stabile. Ma la strada che va dall’essere innamorati all’amare non è facile. Strapiombi su entrambi i lati fanno rapidamente precipitare il presunto amante nei sentimenti e nelle azioni più odiose di cui un essere umano sia capace.
L’odio appassionato si presenta in molte forme sottili, e alcuni “crimini” contro gli oggetti del proprio desiderio sono una parte fondamentale della vita quotidiana: penso al distacco emotivo, alle domande indagatorie e provocatorie, alle strategie di controllo, alla ritorsione. La maggior parte dei crimini passionali più interessanti, tuttavia, si verifica solo nelle nostre menti. Ma le nostre menti sono luoghi molto importanti. Un luogo comune diffuso sull’amore è che l’amore è fragile perché gli esseri umani sono aggressivi per natura: è quindi inevitabile che l’amore sia contaminato dall’odio. È abbastanza naturale credere che l’aggressività e l’odio siano nemici dell’amore e cercare di proteggere l’amore con un comportamento vigile e civile. Ma molti amanti hanno fatto esperienza del profondo sollievo che si prova quando il proprio amore sopravvive al primo vero litigio all’ultimo sangue. Un amore che ha resistito al dispiegarsi di un’aggressività episodica possiede una profondità e una capacità di resistenza che non avrebbe potuto ottenere in nessun altro modo. A causa dei profondi rischi presenti nell’amore, l’odio ne è un compagno inevitabile e, paradossalmente, la sopravvivenza dell’amore non dipende dalla capacità di evitare l’aggressività ma da quella di contenerla insieme all’amore. Le inibizioni nella capacità di odiare un potenziale oggetto di desiderio possono essere un ostacolo allo sviluppo della passione romantica.
Ma i sentimenti di aggressività e odio per i propri oggetti di desiderio sono “naturali” o patologici? L’aggressività è in sé primaria, come lo sono secondo noi l’amore e il desiderio, o è una conseguenza della deprivazione e del fallimento?
Nell’esperienza umana l’aggressività emerge come risposta alla frustrazione. Essa non ha alcuna sorgente motivazionale indipendente; sorge quando sono frustrate attività più benigne e amorevoli.
Ciò che ci distingue dagli altri animali non è la nostra capacità di aggredire in modo rapace, ma quella di portare rancore, “legarcela al dito”, immaginare insulti e metterci in situazioni in cui siamo emotivamente vulnerabili, come nell’amore, in situazione che minacciano il nostro senso di dignità e il nostro rispetto per noi stessi. Spesso la persona che ama, o che si suppone ami, tende a interpretare la sensazione di essere stata ferita e trascurata come segno sicuro del fatto che l’amore del partner si è affievolito, o che il partner la sta trascurando. L’oggetto del desiderio ha un potere enorme, e la vulnerabilità della persona che ama è direttamente proporzionale alla profondità del suo amore. Quando desideriamo, noi siamo in pericolo. Ed essere in pericolo ci fa arrabbiare. Noi vogliamo controllare, avere il potere di ferire e forse persino di eliminare l’altro che, attraendoci, ha turbato la nostra serenità. L’aggressività è una risposta alla minaccia.
Per portare avanti una relazione romantica bisogna saper tollerare la propria vulnerabilità e la propria aggressività. Più profonda è la passione, più grande è la vulnerabilità e più è potenzialmente distruttiva l’aggressività. La capacità di contenere l’aggressività quindi è una precondizione della capacità di amare. Ci sono molte strategie per gestire la confluenza dell’amore e dell’odio, nell’amore romantico. Uno dei principi di base, a questo proposito, è esprimere e allo stesso tempo controllare la propria aggressività sminuendo o dimenticando l’oggetto del desiderio. È la soluzione dell’“uva acerba”: l’altro apparentemente desiderabile ma deludente diventa tutt’a un tratto marcio. In altri casi, l’eccitazione e il desiderio sono preservati sotto forma di ricordi. C’è un senso nostalgico di un tempo precedente, all’inizio della relazione, quando amare era una cosa sicura. Ma adesso quell’innocenza è finita, è stata tradita. Il degradarsi degli amori quindi non è dovuto alla contaminazione dell’aggressività, ma all’incapacità di sostenere la necessaria tensione tra questi due sentimenti. La capacità di amare per molto tempo una stessa persona implica la capacità di tollerare e riparare l’odio.
(Fonte Web)
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