COME SUPERARE UN LUTTO



Il lutto non è un momento, ma un processo psicologico a tappe durante il quale si possono verificare dei “blocchi” che vengono elaborati successivamente alla perdita e che possono dare origine a vere e proprie patologie. Nello sforzo di riadattamento post-lutto, infatti, la persona deve affrontare vari tipi di problemi, inclusa la propria riorganizzazione emotiva e la costruzione di una nuova rappresentazione interna del defunto; questo costituisce, soprattutto per alcuni, un compito non facile. Tanto meno l’individuo riesce ad affrontare efficacemente l’evento luttuoso con un riadattamento successivo, tanto più rimarrà dipendente da quello che rischia di trasformarsi in un lutto cronicizzato. Ciò accade quando le manifestazioni del lutto normale si acutizzano e diventano croniche, dando origine al cosiddetto lutto complicato. Questo termine definisce quattro principali reazioni “anomale” alla morte di una persona significativa:
- lutto non risolto, in cui si assiste all’arresto del naturale processo di cordoglio e alla comparsa di quadri depressivi1 disturbi somatici e fenomeni di identificazione patologica;
- lutto cronico caratterizzato dal protrarsi indefinito della perdita e dell’idealizzazione del morto; questa evoluzione è più probabile se la relazione con il defunto è stata di tipo ambivalente, se il soggetto ha una personalità dipendente o se mancano dimostrazioni di solidarietà da parte di familiari, amici o altri validi supporti sociali;
- lutto ipertrofico spesso conseguente ad una morte improvvisa o inaspettata; le reazioni dolorose sono particolarmente intense e protratte e le strategie di rassicurazione, come la vicinanza di persone amiche, risultano inefficaci;
- lutto ritardato, presumibilmente sostenuto da meccanismi di negazione, talvolta in associazione a sentimenti di rabbia o di colpa; sono assenti o minimi i segni della fase acuta del cordoglio.
Alcuni indicatori di un lutto patologico sono:
depressione e tristezza che durano più di ventiquattro mesi
fase di stordimento protratta per più di due tre settimane
negazione e sentimenti cli colpa intensi per un periodo superiore a sei mesi
senso di colpa sproporzionato che può diventare delirante
bruschi cambiamenti del comportamento
idealizzazione della persona morta anche se la relazione con lei non è stata positiva
abuso di sostanze, insonnia e fobie varie
idee di suicidio persistenti (per potersi riunire con la persona morta)
In questi casi può essere utile una consulenza psicologica individuale.

La fine del percorso del lutto familiare è caratterizzata dall’accettazione da parte dei vari membri di una nuova struttura del sistema, nata da quella precedente ma organizzata diversamente. Si struttureranno nuovi modelli relazionali e altri componenti svolgeranno ruoli che erano di competenza del defunto. Questo non significa dimenticarsi del defunto, ma, anzi, collocarlo a livello emotivo in modo adeguato. La sua figura sarà parte della storia della famiglia, ma non dovrà più avere diretta incidenza sul suo funzionamento.
Il processo d’elaborazione familiare è considerato in termini evolutivi, con le varie fasi che si sovrappongono e si alternano tra loro dando vita ad una serie d’aggiustamenti che portano ad un cambiamento. Perché questo sia possibile è necessario che tutti i componenti della famiglia abbiano la possibilità di esprimere il proprio dolore e la propria sofferenza condividendolo all’interno del sistema.
Risorsa fondamentale della famiglia è la capacità comunicativa rispetto alla profondità del dolore che deve dare a tutti la possibilità di confrontarsi con il lutto degli altri membri. Se questo non avviene si assiste a dei meccanismi di copertura e d’evitamento che ostacolano l’evoluzione paralizzando la famiglia nell’impossibile scelta tra l’andare avanti dimenticando o ricordare senza procedere ed evolvere. Il livello di coesione tra i membri è una delle principali variabili che orientano l’esito del processo, insieme alla qualità dell’organizzazione familiare, la sua flessibilità o rigidità. Una forte rigidità può far sì che l’espressione del lutto si focalizzi su un unico componente impedendo che anche gli altri esprimano i propri vissuti, venendo così a definire il bisogno di ricordare e la necessità di continuare a vivere come dei ruoli alternativi che non vengono integrati dal singolo ma impersonati da membri diversi.
In ogni caso l’adattamento non corrisponde ad una risoluzione completa e definitiva, le conquiste raggiunte non appaiono mai permanenti e l’elaborazione mai compiuta fino in fondo, i nuovi assetti possono rivelarsi precari e la sofferenza può riemergere a seguito di nuovi eventi.
A livello familiare l’evento luttuoso comporta la necessità di riorganizzarsi, il sistema perde un suo membro, in un certo senso è la stessa famiglia a morire con la perdita di un membro e questo può portare a reagire con un cambiamento o a disintegrarsi. La famiglia deve affrontare una serie di compiti di sviluppo che comportano il cambiamento della propria identità e dei propri scopi per mettere in atto una riorganizzazione che comincia subito dopo l’evento e può protrarsi per diversi anni fino alle generazioni successive.
Un percorso così lungo si scontra con l’urgenza di evitare il crollo del sistema, soprattutto nel momento acuto di crisi in cui il dolore è più forte la famiglia mette in atto dei meccanismi difensivi anche attraverso delle ritualizzazioni sociali e culturali. I rituali occupano un posto molto importante: la veglia funebre, i funerali, lasepoltura, le visite della famiglia e degli amici danno visibilità alla perdita, ne favoriscono l’accettazione e creano un adeguato contesto all’espressione emotiva.
La quarantena del lutto garantiva un periodo staccato dalle incombenze quotidiane in cui si riceveva protezione e riconoscimento rispetto al proprio dolore, dava la possibilità di rimpiangere il defunto e salutarlo senza fretta. Oggi si assiste ad uno scoraggiamento dell’espressione del dolore, la società tende a tenere lontane le forti emozioni che la presenza della morte attiverebbe e l’elaborazione viene consegnata alla sfera privata.
La famiglia si chiude rispetto alla società, come una pianta che fa fronte ad un rigido inverno, lascia morire i rami più lontani e restringe la sua estensione, per consolidare quelli più prossimi che le garantiscono la sopravvivenza e per raccogliere le energie che gli permetteranno e rinascere in primavera. Viene rinforzato il senso di coesione della famiglia nucleare e vengono consolidati i rapporti con la famiglia estesa o le persone affettivamente vicine che si fanno carico di dare sostegno sia in termini rituali sia in termini pratici. Si assiste ad una cessazione o diminuzione delle ostilità sia interne sia esterne alla famiglia: all’interno diventa prioritario il mutuo sostegno per far fronte alle avversità e i conflitti familiari vengono pacificati, all’esterno si attivano sensazioni di compassione e protezione in quanto la famiglia viene vista come debole e sofferente, il dolore va rispettato evitando di infastidire con questioni e impegni quotidiani che in questi momenti diventano futili.
La fine del percorso del lutto familiare è caratterizzata dall’accettazione da parte dei vari membri di una nuova struttura del sistema, nata da quella precedente ma organizzata diversamente. Si struttureranno nuovi modelli relazionali e altri componenti svolgeranno ruoli che erano di competenza del defunto. Questo non significa dimenticarsi del defunto, ma, anzi, collocarlo a livello emotivo in modo adeguato. La sua figura sarà parte della storia della famiglia, ma non dovrà più avere diretta incidenza sul suo funzionamento.
Il processo d’elaborazione familiare è considerato in termini evolutivi, con le varie fasi che si sovrappongono e si alternano tra loro dando vita ad una serie d’aggiustamenti che portano ad un cambiamento. Perché questo sia possibile è necessario che tutti i componenti della famiglia abbiano la possibilità di esprimere il proprio dolore e la propria sofferenza condividendolo all’interno del sistema.
Risorsa fondamentale della famiglia è la capacità comunicativa rispetto alla profondità del dolore che deve dare a tutti la possibilità di confrontarsi con il lutto degli altri membri. Se questo non avviene si assiste a dei meccanismi di copertura e d’evitamento che ostacolano l’evoluzione paralizzando la famiglia nell’impossibile scelta tra l’andare avanti dimenticando o ricordare senza procedere ed evolvere. Il livello di coesione tra i membri è una delle principali variabili che orientano l’esito del processo, insieme alla qualità dell’organizzazione familiare, la sua flessibilità o rigidità. Una forte rigidità può far sì che l’espressione del lutto si focalizzi su un unico componente impedendo che anche gli altri esprimano i propri vissuti, venendo così a definire il bisogno di ricordare e la necessità di continuare a vivere come dei ruoli alternativi che non vengono integrati dal singolo ma impersonati da membri diversi.
In ogni caso l’adattamento non corrisponde ad una risoluzione completa e definitiva, le conquiste raggiunte non appaiono mai permanenti e l’elaborazione mai compiuta fino in fondo, i nuovi assetti possono rivelarsi precari e la sofferenza può riemergere a seguito di nuovi eventi.
Una consulenza familiare può aiutare ad individuare dove si sono creati dei blocchi e attivare le risorse della famiglia per riprendere il percorso evolutivo.

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