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Articolo tratto dal sito dell?università cattolica di Milano

Suicidi più frequenti tra gli uomini ma più richieste di aiuto da parte delle donne

Università Cattolica e Telefono Amico Italia insieme per analizzare i dati emersi dalle telefonate del 2012 per la prima volta con un approfondimento sul suicidio

In passato il Laboratorio di Statistica Applicata dell'Università Cattolica ha elaborato i dati raccolti  da Telefono Amico Italia riguardanti segnalazioni sul tema. Le analisi rilevano il disagio espresso dagli appellanti che individuano nel suicidio la soluzione estrema ai problemi percepiti come irrisolvibili.
E' interessante notare una prevalenza di appellanti donne (considerando la totalità delle chiamate provenienti da donne, nel 2.4% di queste viene monitorato il suicidio) con un'incidenza ben maggiore di quanto non capiti per i maschi (0,5%). Telefono Amico Italia riceve chiamate da uomini in quantità pressoché doppia rispetto alle donne, e dai più recenti dati ISTAT disponibili sui suicidi per il 2009, in Italia il quoziente di mortalità totale per 100.000 abitanti risulta pari a 6,7 e, distinguendo tra uomini e donne, a 10,7 per i primi e a 2,9 per le seconde.
E' evidente come, sebbene il suicidio sia più diffuso tra gli uomini che tra le donne, siano esse a parlarne maggiormente. Dai dati di Telefono Amico Italia le donne emergono come coloro che più frequentemente riescono a raccontare il problema, alleviandone il peso. Un importante fattore di rischio per gli uomini potrebbe quindi essere associato alla scarsa propensione a confidarsi o a delineare chiaramente la situazione che li attanaglia. Questi dati sosterrebbero dunque l'ipotesi secondo cui le donne riducono la possibilità di un atto estremo attraverso la comunicazione.
«Il suicidio può essere considerato come una forma estrema di comunicazione, un tentativo estremo di vedersi riconosciuti nella propria sofferenza. Un orecchio in grado di ascoltare può permettere alla persona di esprimersi, di trovare comprensione e così prevenire "l'urlo di dolore finale"». Così il professor Enrico Molinari, psicologo clinico dell'Università Cattolica, commenta il dato.
«TAI - sostiene il suo presidente Dario Briccola- da quasi 50 anni si occupa proprio di questo perché l'intervento di prima soglia è la base per la prevenzione di gesti estremi. Da sempre sviluppiamo la cultura dell'ascolto empatico e non giudicante perché crediamo sia fondamentale poter esprimere liberamente il proprio disagio. Questa sorta di condivisione permette di alleviare lo stato di malessere».
Considerando tutte le chiamate valide ricevute da Telefono Amico (nel 2012 49.959, di cui il 69,3% effettuate da uomini e il 30,7% da donne), 1132 (pari al 2,4%) contenevano un riferimento al suicidio, ma solo per 124 di esse (pari all'11%) il suicidio è emerso come "problema prevalente"; negli altri casi si può parlare di una "segnalazione" rilevata nel corso della telefonata (che può riguardare anche terzi), o di un cosiddetto "monitoraggio", ossia una considerazione espressa dal volontario che ha ricevuto la chiamata, in relazione al racconto complessivo dell'appellante.
L'analisi svolta dal Laboratorio di Statistica Applicata rileva che la fascia di età dove la problematica del suicidio è maggiormente monitorata è quella di 26-35 anni con percentuali pari all'1.4%. La segnalazione ha un picco nella classe d'età 56-65 e dopo i 75 anni.
Il tema "suicidio" è maggiormente presente tra le categorie dei non occupati e delle casalinghe, con percentuali pari al 2,4% del totale di categoria.
Il triste primato è invece relativo ai precari del lavoro con percentuali prossime al 3%, a dimostrazione del fatto che la precarizzazione degli ultimi anni aggravati dalla crisi economica genera un'ansia e un'insicurezza addirittura superiori alla condizione di non occupato.
A fronte di questi dati il professor Molinari rivolge un appello ai professionisti della comunicazione perché «si è visto che suicidi che hanno destato una grande attenzione da parte dei mass media sono stati seguiti da un aumento di simili gesti, in una catena emulativa. Nelle scienze sociali, questo fenomeno è definito "Effetto Werther". La consapevolezza di un tale meccanismo sociale impone prudenza nelle comunicazioni riguardanti i gesti estremi».

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